Reggio Calabria ultima? Forse nelle statistiche, mai nel cuore

Ah, dunque Reggio Calabria sarebbe “l’ultima” città dove vivere in Italia? Interessante prospettiva. Certo, perché chiunque non vorrebbe scambiare una passeggiata sul Lungomare Falcomatà – definito da D’Annunzio “il più bel chilometro d’Italia” – per un giro in tangenziale tra smog e clacson, no? E i Bronzi di Riace? Quelle due icone di perfezione artistica e storica che il mondo ci invidia? Evidentemente, secondo il Sole 24 Ore, sono solo un dettaglio.

Parliamo del cibo? Mi scusi, ma qualcuno ha mai assaggiato la sardella, le melanzane ripiene, i cudduraci, o anche solo un vero piatto di pasta alla ‘nduja? Oppure preferiscono un’insalatina “light” del Nord? E non dimentichiamo il panorama: guardare il tramonto sullo stretto, con la magia della Fata Morgana che riflette la Sicilia come un miraggio, è un’esperienza che non può certo essere pesata col metro della “media dei depositi bancari”.

Suvvia, signori della statistica, non sarà che avete considerato i numeri, ma vi siete persi l’anima? Perché, vedano, la qualità della vita non si misura solo con ISEE e PIL, ma con la capacità di svegliarsi ogni mattina davanti al mare, di sentire il profumo del bergamotto nell’aria, di vivere in una terra dove l’ospitalità non è una parola vuota, ma una regola di vita.

Reggio Calabria “ultima”? Sarà, ma il suo spirito è ben più vivo e vibrante di molte città che forse primeggiano nei grafici ma non nel cuore. Venite a vivere davvero qui, poi ne riparliamo.

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