“Buona notizia per i consumatori. Ciò vuol dire che il costo di comprare una casa, una macchina e molto altro scenderà anche”. Così il presidente Joe Biden mentre commentava l’annuncio della Federal Reserve Bank, la Banca Centrale, di ridurre i tassi di interesse di 0,5 punti percentuali. Un segnale che l’inflazione è scesa abbastanza e quindi bisogna cominciare a preoccuparsi di mantenere stabile la crescita economica. Si crede dunque che l’economia americana farà un “atterraggio morbido” mantenendo i prezzi a bada senza un calo economico che potrebbe condurre alla recessione.
Donald Trump ha reagito al taglio degli interessi attaccando la decisione, asserendo che l’economia era in “pessimo stato” o che la banca centrale stava “facendo giochetti politici”.
Attaccare la Federal Reserve è quasi uno sport perché i due partiti non vedono i dati allo stesso modo. I numeri però non mentono. Biden aveva ereditato da Trump un’economia a pezzi, dovuta in grande misura alla pandemia. Dopo quasi quattro anni l’economia è rimbalzata e difatti ha sorpassato quella di molti Paesi occidentali e della Cina. Sedici milioni di posti di lavoro sono stati creati dal 2021 da quando Biden entrò nella Casa Bianca. La creazione di posti di lavoro negli ultimi mesi è scesa ma rimane tuttavia in territorio positivo. Un punto poco promettente dell’economia di Biden è stato l’aumento dell’inflazione dovuto alle spese incoraggiate dagli investimenti del governo attuale e anche al fatto che durante la pandemia poca gente spendeva per comprare nuove macchine, case, e altri acquisti di valore. I prezzi dei generi alimentari sono aumentati in parte dovuti a problemi alla catena di approvvigionamento causati dal covid e dalla guerra in Ucraina. Adesso però l’inflazione è scesa al 2,5 percento e la disoccupazione è al 4,2 percento. La crescita economica degli Usa è superiore a quella dei Paesi occidentali. La riduzione dei tassi di interesse manda un chiaro segnale che gli Stati Uniti continuano a rimanere avanti degli altri Paesi economicamente.
Nonostante questi successi esiste una percezione che l’economia non stia andando bene. Ciò si deve in buona parte alla campagna retorica di Trump che continua a ripetere baggianate sull’inflazione che lui dice essere la più alta nella storia americana. Ripetendo le stesse falsità Trump è riuscito a fabbricare una visione della realtà che non combacia con i fatti. La più grande delle sue balle è ovviamente la sua asserzione dell’elezione del 2020 che continua a dire gli sia stata rubata. Una falsità creduta da buona parte dei suoi sostenitori.
Questa capacità di Trump di convincere i suoi sostenitori usando falsità o esagerazioni, ripetute costantemente, si applica anche all’economia. I fattori economici obiettivi non entrano nel vocabolario del candidato repubblicano che accusa costantemente l’amministrazione di Biden e negli ultimi mesi la sua nuova avversaria, la vice presidente Kamala Harris. I democratici non sono riusciti a convincere la maggioranza degli americani del quadro più o meno roseo dello stato economico. Preoccupano soprattutto alcuni aspetti che toccano direttamente le tasche degli americani: il costo dei generi alimentari e la benzina. Questi due erano aumentati ma da quasi un anno i costi sono in discesa. Ciononostante la percezione dei consumatori è falsa. Gli americani credono che i costi dei generi alimentari siano aumentati del 17 percento mentre la cifra esatta secondo l’US Bureau of Labor Statistics è 7,4%. La media di un gallone di benzina equivale a 3,27 dollari (81 centesimi al litro), 50 centesimi meno dell’anno scorso. In alcuni Stati come la California il costo è più alto per le tasse dello Stato che ovviamente si traducono in servizi per la strade.
I democratici non sono bravi a comunicare i loro successi mentre Trump, da uomo di televisione e propagandista, ha molto più successo a manipolare l’opinione pubblica. Ecco come si spiega il suo mito che quando era presidente tutto andava alla perfezione. Negli ultimi mesi però qualcosa sta cambiando. Dal ritiro di Biden e l’entrata in campo di Harris per la presidenza si è creato molto entusiasmo e una nuova energia che fa sperare gli elettori democratici. Trump però continua ad essere visto dagli americani come più capace nelle questioni economiche ma la Harris è riuscita a ridurre il divario. Un recente sondaggio della della Reuters/Ipsos ci informa che Trump continua a essere considerato più competente per la questione economica di 2 punti (43 a 41), ma nel mese precedente il divario era più ampio di 11 punti per l’ex presidente. Questo stesso sondaggio ci informa che nell’elezione presidenziale la Harris sarebbe in vantaggio a livello nazionale di 7 punti (47 a 40 percento). Questi sondaggi non sono completamente rassicuranti per la candidata democratica la quale ha sfidato Trump a un altro dibattito. Il candidato repubblicano però ha rifiutato, anche se, considerando la sua volubilità, potrebbe da un giorno all’altro cambiare idea.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.