di Bruno Fulco
Disagi elettrici romani in tonalità arancio
Sulla capitale si profila la classica “Ottobrata Romana”, una magia climatica che spesso negli anni fortunati regala ai turisti le condizioni ideali per chi sceglie di godersi la visita della Città Eterna in questo periodo. Temperature diurne che sfiorano quelle estive rinfrescando solo la sera e la notte, consentendo così di togliere le pile al telecomando del condizionatore per riporlo nel cassetto fino all’anno prossimo.
Chi invece nella capitale ci vive ha la possibilità di stare ancora un po’ all’aperto prima della clausura invernale che si preannuncia molto dura. Non certamente per via del clima, ma per tutti i disagi che i cittadini dovranno affrontare in vista del “benedettissimo” Giubileo 2025.
Disagi già iniziati da tempo e che all’avvicinarsi della scadenza si acuiscono sempre di più, esasperando la vita di chi la città la percorre in lungo e in largo per portare a compimento la sua routine giornaliera.
A destra e a manca è tutta una distesa di reti arancioni che delimitano cantieri di ogni tipo, divenute il simbolo di una città dall’organizzazione latente e senza la programmazione necessaria ad una città di importanza planetaria come Roma.
Planetaria è anche la pazienza dei suoi cittadini, che mentre dilatano il proprio disagio nelle ore perse tra traffico, file e attese varie, ingannano il tempo disquisendo sui temi d’attualità più gettonati, tra i quali attualmente figura quello delle auto elettriche.
Stavolta il giochino non ha funzionato, ed il solito schema di colpevolizzare la gente per consumi e abitudini, nell’intento di convertirli alla religione dell’auto elettrica, è fallito in pieno.
L’eco – terrorismo messo in piedi dalle ricche Lobby per cui il “green” è solo un colossale affare, questa volta ha toppato su tutta la linea. Non è stato sufficiente il coinvolgimento su larga scala di tutti i mezzi di condizionamento di massa, quali giornali, tv, personaggi noti in grado di plasmare il pensiero delle masse e quant’altro. La dura realtà ha colpito al cuore le ricche Eco Lobby nel loro unico credo, quello del profitto, che nulla ha a che vedere con la lungimiranza di chi ha a cuore le sorti del pianeta.
Con i maggiori porti europei invasi da auto elettriche cinesi che nessuno comprerà, con il down della Tesla auto elettrica del “guru” Elon Musk, divenuto prima oggetto di culto e oggi in picchiata con le perdite che hanno superato il 30%, i governi specie quelli dei paesi europei stanno operando una repentina quanto goffa marcia indietro, in barba a tutti gli ideali green sbandierati ai quattro venti solo per fare cassa.
Le maggiori case automobilistiche hanno già abbandonato i piani di espansione nell’elettrico lasciando il campo al motore ibrido, protagonista reale della decarbonizzazione. Fatto ampiamente annunciato da Toyota, gente che di motori “ci capisce”, che qualche tempo fa ne ha previsto l’espansione fino alla copertura del 70% del mercato. L’utopia del motore elettrico insomma sta lentamente tramontando, relegando per il futuro questa tipologia ad una quota residuale.
A parte gli enormi costi produttivi, la questione delle terre rare, o lo smaltimento delle batterie, ma veramente qualcuno ha pensato che disseminare di colonnine di ricarica tutta la terra sarebbe stata una soluzione praticabile? Ma poi non eravamo in crisi energetica mondiale ad un livello tale che recenti presidenze del consiglio raccomandavano caldamente di non accendere i condizionatori e di diradare le docce? Ma chi ha incoraggiato la ricarica casalinga delle auto, quando basta accendere contemporaneamente forno, phon e condizionatore per far saltar e la corrente, sa veramente di cosa sta parlando?
L’accresciuta coscienza ambientale della gente fa si che le scelte di acquisto siano sempre più ponderate, ma non si può imporre così su due piedi un cambio di abitudini consolidate da generazioni. Non si può limitare la libertà o creare oggettive difficoltà di vita, proponendo come modello ideale esclusivo, un’auto dalle ridotte capacità di percorrenza e con l’incubo della ricarica.
Sono scelte che solo un patto tra poteri forti ed economie dominanti poteva concepire. Un grande affare mondiale, che li avrebbe consolidati operando un certo controllo di massa derivante dalle ridotte capacità di movimento delle auto.
Senza rischio di essere tacciati di complottismo si può tranquillamente affermare che socialmente avremmo operato una selezione che avrebbe riportato il mondo a 100 anni fa, quando ad avere la capacità autonoma di spostamento erano in pochi, con tutto quello che comporta. Ma forse questo poteva anche essere un obbiettivo celato.
Intanto per testare maggiormente la capacità di resistenza al disagio dei romani, dal 31 ottobre 2024 stop ai ciclomotori, microcar e motoveicoli diesel Euro 2. Un provvedimento che concorrerà ad appesantire ulteriormente la situazione del traffico romano visto che chi utilizza quel tipo di veicolo probabilmente opterà per utilizzare la macchina.
Ma in questi giorni si parla di un rinvio al provvedimento in extremis. Forse dovuto ad un barlume di saggezza? probabilmente solo motivato da un ritardo della messa in funzione del sistema di controllo dei varchi non ancora pronto.
Bisognerebbe scappare, sì… ma dove? In qualsiasi posto dove spaziando con lo sguardo il campo visivo non sia turbato da quelle odiose recinsioni arancioni ormai diventate tratto identitario di questa città.