Milano – Il Cimitero monumentale della città meneghina fu edificato tra il 1864 ed il 1866 in stile eclettico con richiami bizantini, gotici e romanici, su progetto dell’architetto Carlo Francesco Maciachini (citato anche col cognome Maciacchini o Macciacchini, Induno Olona, Varese, 2 aprile 1818 – Varese, 10 giugno 1899). Venne inaugurato il 2 novembre 1866.
Un ambito del camposanto, innalzato e dal grande scalone, situato all’entrata principale, accoglie le estreme dimore di personaggi insigni. Si tratta del Famedio (dal latino famae aedes, cioè “tempio della fama”), ampia struttura in marmo e mattoni di stampo neogotico, concepito in origine come chiesa.
In un angolo dell’Edicola F di Levante Superiore (con cellette per ceneri o resti esumati di “cittadini noti e benemeriti”) s’impone la particolare “colonna spezzata” marmorea (terminante con un capitello corinzio) che custodisce le ceneri di Enzo Tortora (dai nomi aggiuntivi Claudio e Marcello, Genova, 30 novembre 1928 – Milano, 18 maggio 1988), giornalista, conduttore ed autore televisivo e radiofonico, attore e politico, vittima di malagiustizia all’italiana con magistrati/inquisitori che, addirittura, poi hanno fatto ulteriori salti di carriera.
Il delirio di Stato del “caso Tortora” costituisce ancora un indegno marchio a fuoco negli annali del diritto e della giustizia in ambito nazionale.
Anche per l’esempio umano e morale dimostrato dal ritenuto colpevole.
Infatti, dopo il plateale arresto da parte dei carabinieri alle 4 di mattina del 17 giugno 1983 (con l’accusa di traffico di stupefacenti ed associazione di stampo camorristico) e la sua elezione ad europarlamentare nelle liste del Partito Radicale il 17 giugno 1984 (con 414.514 preferenze) e, quindi, tornato libero il 20 luglio successivo, Tortora, il 13 dicembre 1985 volle dimettersi rinunciando all’immunità parlamentare. Dal 29 dicembre fu messo agli arresti domiciliari, continuando ad affrontare a testa alta l’iter giudiziario contro di lui che già l’aveva condannato in primo grado, il 17 settembre 1985, a dieci anni di reclusione. Venne assolto con formula piena, il 15 settembre 1986, dalla Corte d’appello di Napoli e, il 17 giugno 1987, la Cassazione confermò la sentenza assolutoria ponendo fine al calvario giudiziario che, purtroppo, minò la sua salute stroncata da un tumore polmonare.
Tortora viene tuttora considerato tra i precursori/fondatori della televisione in Italia, conduttore, tra molto altro, de “La domenica sportiva” e del programma televisivo di successo “Portobello” (“Mercatino del venerdì”).
Nelle sue volontà testamentarie, aveva lasciato scritto di deporre le proprie ceneri, a cremazione avvenuta, in una custodia in legno con una copia di un’edizione di “Storia della colonna infame” di Alessandro Manzoni con prefazione di Leonardo Sciascia (Racalmuto, Agrigento, 8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989). Nel libro viene ripercorsa quella che fu una delle prime vicende di giustizia ingiusta in Italia.
Il contenitore è stato inserito nella parte centrale in vetro della “colonna spezzata” che riporta una significativa frase dello stesso Sciascia: “Che non sia un’illusione”…
Servizio e foto di
Claudio Beccalossi