Ogni guerra, crudele e insensata, rappresenta una sconfitta per tutti noi. C’è bisogno di ripudiare la guerra, luogo di morte dove i padri e le madri seppelliscono i figli, dove gli uomini uccidono i loro fratelli senza averli nemmeno visti, dove i potenti decidono e i poveri muoiono. Se da questa vicenda (l’inizio della guerra in Ucraina) usciremo come prima saremo in ogni modo tutti colpevoli. Di fronte al pericolo di autodistruggersi l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia. Rinnovo il mio appello: basta, ci si fermi, tacciano le armi, si tratti seriamente per la pace. (Francesco, Angelus 27 marzo 2022)
Papa Francesco è morto. Si chiude così un capitolo straordinario nella storia della Chiesa, ma anche nella storia dell’umanità contemporanea. Anche attraverso la lente dell’ateismo, è impossibile non riconoscere la profonda e rivoluzionaria umanità che ha contraddistinto il suo pontificato, un’umanità che brilla con particolare intensità nelle sue ultime parole pubbliche.
La lettera inviata al Corriere della Sera dal Policlinico Gemelli, dove ha trascorso le ultime settimane della sua vita, rappresenta il distillato perfetto del suo pensiero. In quelle righe meditate nel silenzio della malattia, troviamo l’essenza di un uomo che, perfino nell’abbraccio della fragilità fisica, ha mantenuto cristallina la sua voce in favore della pace in un mondo dilaniato da conflitti.
“Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra,” scrisse con quella semplicità tagliente che lo ha sempre caratterizzato. Una frase che condensa una verità profondissima: la violenza germoglia prima nel linguaggio, nelle parole che plasmano o devastano gli “ambienti umani”. Il suo è stato un appello universale, che oltrepassa i confini della fede per raggiungere l’umanità intera.
La grandezza di Francesco risiedeva nella sua capacità unica di trasformare la vulnerabilità in sorgente di saggezza. “La fragilità umana ha il potere di renderci più lucidi rispetto a ciò che dura e a ciò che passa, a ciò che fa vivere e a ciò che uccide,” affermava con lucidità sorprendente. Una riflessione che trascende ogni barriera confessionale per toccare il cuore dell’esperienza umana nella sua essenza più autentica.
In questi tempi dominati da polarizzazioni estreme e semplificazioni brutali, Francesco ci ha costantemente richiamato al “grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità “. Non ha mai invitato a fuggire dalla vulnerabilità, ma a riconoscerla come preziosa maestra di vita e fonte di comprensione reciproca.
Come osservatori del nostro tempo, non possiamo che essere profondamente toccati da questo approccio radicalmente umano. Francesco ha saputo articolare un linguaggio che abbatte le divisioni tra credenti e non credenti, parlando il linguaggio universale della fratellanza, della giustizia sociale, della responsabilità ecologica condivisa.
La sua voce mancherà tremendamente, non solo ai fedeli cattolici, ma a chiunque creda nel potere trasformativo del dialogo, della diplomazia e della solidarietà come strumenti essenziali per costruire un futuro migliore. Una voce che ci ha sempre ricordato, con fermezza e compassione, che “la guerra non fa che devastare le comunità e l’ambiente, senza offrire soluzioni ai conflitti“.
Le sue parole continueranno a risuonare come testimonianza luminosa di un uomo che ha saputo guardare ben oltre i confini della propria tradizione religiosa per abbracciare l’umanità nella sua totalità, con le sue contraddizioni e speranze, con le sue oscurità e le sue possibilità di redenzione.
In un’epoca di muri e divisioni, Francesco ha costruito ponti. La sua eredità più preziosa non è legata a dogmi o dottrine, ma a questa capacità di dialogo autentico che ha toccato credenti e non credenti, uniti nel riconoscimento della sua straordinaria umanità.
Il Direttore
Sergio Mario Illuminato