Damasco Express: tra arsenali, fughe e nuovi equilibri

L’ex presidente siriano Bashar al-Assad, sempre impeccabile nella sua posizione di “ultimo uomo in piedi che si è dimenticato di portare la sedia”, ha abbandonato la scena in quello che sembra l’ennesimo episodio della serie “Regimi che implodono senza preavviso”. Mentre i ribelli si dirigevano verso Damasco con la rapidità di un espresso, Assad pare abbia scelto la via dei cieli, presumibilmente su un aereo diretto a un posto lontano, molto lontano.

Nel frattempo, in Israele, suonano i campanelli d’allarme più forti di quelli di un ospite indesiderato alla porta. Con l’arsenale chimico siriano che rischia di finire nelle mani di jihadisti, Tel Aviv ha lanciato raid chirurgici sui depositi. Un modo per dire: “Prima che arrivi qualcun altro, ce la vediamo noi”.

Ma non sono solo i chimici a far tremare i polsi: Hay’at Tahrir al-Sham e compagnia cantante sembrano essersi iscritti al corso avanzato di “Come smantellare un esercito in dieci giorni”, ricevendo per premio l’accesso a sistemi di difesa aerea russi e altre chicche tecnologiche. Un modo per rendere il caos ancora più spettacolare!

La caduta del regime siriano ha però sollevato più domande che un quiz a premi:

  • Riusciranno i nuovi governanti a ricostruire la Siria, o si dedicheranno a discutere su chi debba tenere il telecomando della TV di Stato “liberata”?
  • Che ne sarà delle basi russe a Tartus? Verranno trasformate in resort turistici gestiti dai ribelli?
  • La popolazione siriana, dopo oltre un decennio di inferno, sarà finalmente in grado di sperimentare la pace o la pace rimarrà solo un miraggio?

E mentre tutti cercano di capire dove porti questo labirinto geopolitico, Mosca e Teheran stanno vivendo la loro versione di un “Blue Monday” perpetuo. Perdere le basi strategiche e vedere crollare il corridoio verso Hezbollah non era certo nel loro piano quinquennale.

E così, tra giochi di potere, piani segreti e festeggiamenti per strada, la Siria sembra pronta a scrivere un nuovo capitolo della sua epica storia millenaria. Solo che, come in ogni buona narrazione mediorientale, la fine del capitolo rimane aperta: “continua nel prossimo episodio…”.

Che dire? Come spettatori di questo intricato dramma, non possiamo che sperare in un lieto fine. E magari anche in una buona dose di “cervello collettivo”, giusto per variare un po’ il copione.

Redazione

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