Les Cent-Jours di Trump: dal Declino all’Oro Nero (O Forse No?)

Eccoci ai primi cento giorni di una nuova presidenza, quel periodo magico in cui si disegna il futuro e si scontentano già tutti. Donald Trump, versione due punto zero, ha deciso di interpretare il ruolo con la grazia di un elefante in una cristalleria: una raffica di ordini esecutivi che sembrano usciti da una distopia vintage, per disegnare “la nuova America”.

Partiamo dall’inizio, o meglio, dal confine. L’invio dell’esercito al confine con il Messico e l’abolizione dello Ius soli rivelano il primo amore di Trump: l’immigrazione. Dopo tutto, cos’è una nazione senza un bel muro a ricordare che la paura dell’altro vende bene in ogni epoca? Certo, il presidente non ha fatto mistero della sua visione per gli Stati Uniti: un’America che si specchia nella sua retorica anni ’50, ma senza il fascino delle pin-up o il rock and roll.

Energia e clima: “Drill, baby, drill!”

Il neo-presidente ha deciso che il futuro è nel passato, precisamente nelle trivellazioni senza freni. Addio auto elettriche, benvenuto petrolio. Perché preoccuparsi dell’Apocalisse climatica quando si può parlare di “oro nero”? Certo, se il prezzo da pagare per scegliere “la propria lavastoviglie” è l’aumento delle temperature globali, che importa? La comodità prima di tutto, giusto? Del resto, la Casa Bianca assicura che tutto questo ridurrà il costo della vita. O almeno il costo della benzina per quei veicoli che ormai sembrano usciti dai film d’azione degli anni ’80.

Due sessi e una verità eterna

Tra le prime firme del presidente, un decreto che fa della biologia il nuovo vangelo: due sessi, punto. Non c’è spazio per il “tertium non datur”, né per il dibattito. Semplicità disarmante, o meglio, disarmata, visto che la complessità del reale è stata gentilmente accompagnata fuori dalla porta. Si spera che la prossima mossa non sia una guida cromatica ufficiale: bianco è bianco, nero è nero, e tutti gli altri colori… in attesa di approvazione.

Tasse e dazi: “L’America First”

Ah, i dazi. Perché tassare i propri cittadini quando si possono tassare quelli degli altri? Certo, le tariffe non arriveranno subito; prima, un’accurata analisi dei rapporti commerciali. Che, tradotto, significa: “Abbiamo qualche mese per capire come irritare il mondo intero nel modo più efficace”. Non sia mai che gli americani non possano piantare una bandiera economica su Marte, nel caso quella politica non bastasse.

Conclusione: un déjà-vu in salsa americana

In tutto questo, i criticoni – affetti dalla celebre sindrome di Galle – hanno già iniziato il loro sport preferito: vignette apocalittiche, saluti romani immaginari, e polemiche infinite. Certo, non propongono, ma si indignano con stile. D’altra parte, l’indignazione è il carburante della democrazia, e forse, nel caos di questi Cent-Jours, un po’ di indignazione è l’unico antidoto a quella nostalgia tossica che confonde la retorica con il progresso.

E allora, caro lettore, mettiamoci comodi. Se questi sono i primi cento giorni, chissà cosa ci riserveranno i prossimi quattro anni. Magari una nuova età dell’oro. O forse solo la conferma che il futuro, a volte, sembra proprio il passato travestito male.

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