“Tra l’ironico e la calma di Conte, un viaggio dal sogno rivoluzionario al compromesso perpetuo”
Il Movimento 5 Stelle: Dalle Stelle alle (ex) Stalle?
C’era una volta il Movimento 5 Stelle, nato come l’urlo di protesta di un comico genovese contro la politica tradizionale. Ricordate quei tempi? Grillo tuonava dai palchi come un moderno Savonarola, promettendo di spazzare via i dinosauri della politica con un esercito di cittadini armati di click e buone intenzioni. E ci riuscì, almeno per un po’. Ma ora, il Movimento sembra essersi trasformato in un docile gattino politico, e persino il suo cofondatore, Beppe Grillo, sembra essersi stancato del giocattolo.
Nel suo ultimo rant pubblico, Grillo ha intonato un quasi de profundis, un requiem per quello che una volta era l’enfant terrible della politica italiana. Con sarcasmo e qualche punta di amarezza, il comico ha messo in dubbio la capacità del leader Giuseppe Conte di portare avanti la baracca. Ma Conte, dall’alto del suo savoir-faire giuridico e del suo aplomb da “professore perfetto”, sembra non aver colto l’ironia. O forse sì, ma ha deciso di ignorarla, com’è abitudine di chi conosce bene i labirinti della retorica politica.
Un Movimento o una Maratona?
Negli ultimi anni, i 5 Stelle si sono ritrovati a fare i conti con una realtà ben diversa da quella che immaginavano. Governare è difficile, ma governare con promesse come il “reddito di cittadinanza per tutti” e “mandiamo a casa i corrotti” è quasi impossibile. Così, da forza di rottura, il Movimento si è lentamente trasformato in un partito di compromessi. Prima con la Lega, poi con il PD, e infine con se stesso.
E cosa è rimasto? Una formazione che non sa più bene chi è, né cosa vuole. Troppo a sinistra per piacere agli elettori di destra, troppo poco incisiva per convincere i progressisti. E con Conte al timone, il Movimento sembra aver scelto la strategia del “galleggiare in attesa di tempi migliori”. Una tattica geniale, se si volesse fondare il Club dei Pescatori della Politica, ma alquanto suicida per un partito nato gridando “onestà!” a squarciagola.
Che fine farà il Movimento?
Le ipotesi sul futuro del 5 Stelle si sprecano. Diventeranno un piccolo partito d’opposizione, confinato a qualche percentuale singola nei sondaggi? Verranno inglobati dal PD, come un lontano parente povero che si presenta a cena senza invito? O finiranno per dissolversi, lasciando un paio di nostalgici a postare meme su Facebook?
Una cosa è certa: Grillo, nonostante tutto, rimane una figura che non si può ignorare. Come un vecchio mago che osserva la sua creazione prendere vita, trasformarsi e poi, forse, autodistruggersi, il cofondatore continuerà a far sentire la sua voce. Magari con qualche altra battuta al vetriolo, giusto per ricordarci che, nonostante tutto, i 5 Stelle sono stati anche un grande esperimento sociale e politico. Uno di quelli che funzionano fino a quando non arriva il conto da pagare.
In fondo, il Movimento 5 Stelle è come un piatto di spaghetti alla genovese: un pasto semplice e genuino che, se lasciato troppo a lungo sul fuoco, rischia di diventare una poltiglia. Riuscirà Conte a salvare qualcosa di questa grande pastasciutta politica? Solo il tempo ce lo dirà. Ma, nel frattempo, potremmo farci una bella risata. Del resto, l’ironia è sempre stata il condimento principale di questa storia.
E del Movimento cosa sarà? Da una forza esplosiva, capace di convogliare l’indignazione popolare in una proposta di governo, si è lentamente trasformato in un’entità sempre più evanescente, prigioniera delle sue contraddizioni e delle sue stesse promesse.
La vicenda di Di Maio non è solo una nota di colore, ma un simbolo della metamorfosi del Movimento 5 Stelle: una parabola che, da sogno rivoluzionario, è diventata una sequela di compromessi, gaffe e opportunità mancate. Oggi, quello che resta è un partito che sembra galleggiare più per inerzia che per convinzione, incapace di ritrovare l’identità perduta.
E allora, brindiamo davvero: non solo a ciò che è stato, ma anche a ciò che avrebbe potuto essere. Magari con una Coca-Cola ghiacciata, giusto per rendere l’ironia ancora più frizzante.
Giuseppe Arnò
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