L’Italia potrebbe essere a un bivio epocale. Dopo decenni di “atomica ritrosia”, alimentata dallo storico referendum del 1986, il vento dell’opinione pubblica sembra cambiare. Una recente indagine di Swg svela che oltre il 51% degli italiani sarebbe favorevole al ritorno del nucleare, spianando la strada a quella che potrebbe essere una vera e propria rivoluzione energetica per il Paese.
Ma perché il nucleare, dopo anni di demonizzazione, è tornato sotto i riflettori? È semplice: la transizione energetica ha bisogno di stabilità, e le sole rinnovabili – per quanto nobili – non bastano. Gli Small Modular Reactors (SMR), con il loro mix di efficienza, sicurezza e sostenibilità, rappresentano una soluzione concreta. Non sono più le mastodontiche centrali del passato, ma tecnologie pensate per un futuro più leggero e sostenibile.
Lo ha ribadito con fermezza Monica Tommasi, presidente degli Amici della Terra, durante la XVI Conferenza nazionale sull’efficienza energetica a Roma. Una presa di posizione che suona quasi rivoluzionaria, considerando il passato antinucleare della storica onlus. Ma, come spesso accade, la realtà impone di rivedere le proprie convinzioni. E la realtà, oggi, è che il 7% del fabbisogno elettrico italiano è già coperto dall’importazione di energia nucleare.
La sfida, però, non è solo tecnologica, ma anche politica. Occorre un quadro normativo chiaro e un piano a lungo termine per costruire centrali nucleari di ultima generazione. I tempi sono lunghi, certo, ma l’alternativa è restare impantanati in una transizione incompiuta, con costi energetici alle stelle e una dipendenza pericolosa da fonti estere.
A Roma, tra gli affreschi di Palazzo Rospigliosi, è emerso un messaggio inequivocabile: il Green Deal europeo deve essere ripensato. Non si tratta di rinunciare alle rinnovabili, ma di integrarle con fonti stabili e programmabili, come il nucleare. Una visione che punta non solo alla decarbonizzazione, ma anche all’indipendenza energetica e alla sicurezza del sistema.
E il popolo? Sorprendentemente, si dimostra più pragmatico di quanto si creda. Secondo Swg, il 71% degli italiani ritiene che opere strategiche, come le centrali nucleari o i depositi di stoccaggio, debbano procedere senza essere bloccate da minoranze rumorose. Un segnale di maturità che il Paese non può permettersi di ignorare.
Il ritorno al nucleare, dunque, non è più un tabù, ma una possibilità concreta. Non si tratta di un passo indietro, ma di un balzo in avanti verso un futuro in cui efficienza, sostenibilità e sicurezza camminano insieme. Perché, come ha detto la stessa Tommasi, “lo sforzo è necessario”. E forse, stavolta, l’Italia è pronta a raccogliere la sfida.
Redazione