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Mariateresa Muraca

Nella seconda metà del 2023 presso l’Università Federale del Parà a Belém, si è tenuto unconcorso per l’assegnazione di un incarico di “Professora Adjunta” (una figura comparabile a quella di ricercatrice a tempo indeterminato) nell’ambito disciplinare della “Didática, prática docente e estágio no Ensino Fundamental” all’interno della Facoltà di Educazione, nel corso di Pedagogia.

Gli iscritti al concorso erano 45. Il risultato finale è stato pubblicato nel “Diário Oficial da União”; la prima classificata, vincitrice del concorso, è stata la professoressa di nazionalità italiana Mariateresa Muraca che dal Marzo 2024 ha assunto ufficialmente l’incarico.

Di origini catanzaresi, Mariateresa Muraca ha frequentato la triennale in Scienze della professionalità educativa nell’Università di Perugia, la specialistica in Educazione permanente presso l’Università di Bologna ed il dottorato in co-tutela trà l’Università di Verona e l’Università Federal de Santa Catarina (Brasile). Inoltre ha effettuato due percorsi di post-dottorato; il primo all’Università di Bologna ed il secondo presso l’Università do Estado do Parà.

Ha insegnato all’Università di Verona (professoressa a contratto), all’Istituto Universitario don Giorgio Pratesi (professoressa stabile) e all’Istituto Universitario Progetto Uomo (professoressa invitata).

Ha realizzato esperienze di ricerca e formazione, oltre che in Italia e Brasile, anche in Guatemala e Mozambico.

Ha pubblicato per la Mimesis la monografia “Educazione e movimenti sociali. Un’etnografia collaborativa con il movimento di Donne Contadine (Brasile)” e per la Giunti-Treccanii manuali didattici: “I colori della pedagogia” e “Dialoghi delle scienze umane” (Vol. 1 e 3).

Ha curato e tradotto le seguenti raccolte di saggi: “Conversazioni dal Sud. Pratiche politiche, educative e di cura” (NeP2021), “l’altra intercultura. Visioni e pratiche da Abya Yala al mondo” (PensaMultimedia, 2022) e “Escrita coletiva, formaçâo e pesquisa. Uma experiência a partir das eleições brasileiras de 2022” (Pedro&Joâo 2024).

È autrice di oltre settanta contributi tra articoli scientifici e capitoli di libri. Attiva sin dall’adolescenza nel sociale, è componente di diverse comunità di impegno e ricerca, ingaggiate nella lotta femminista, decoloniale, popolare e interculturale-critica.

Prof.ssa Mariateresa Muraca, mi pare per la sua età che Lei abbia un curriculum molto denso di esperienze, anche all’estero, di studio, di ricerca, di formazione; volevo iniziare questa intervista chiedendole perché tra i vari Paesi ha scelto proprio il Brasile per impegnarsi nei prossimi anni.

Il mio rapporto con il Brasile è cominciato già diversi anni fa, nello specifico nel 2009. All’epoca, studentessa dell’Università di Bologna, avevo deciso di realizzare la mia ricerca di tesi magistrale in Brasile, sulle orme di un autore che iniziavo a ritenere imprescindibile: Paulo Freire. Mi interessava non tanto o non solo studiare la sua produzione teorica, quanto comprendere in che modo i movimenti sociali del suo Paese stavano reinventando e ampliando la sua proposta politico-educativa. Seguivo un’ispirazione che avevo maturato in un altro contesto geografico, il Guatemala, dove nel 2006 avevo realizzato il mio tirocinio curriculare e la mia ricerca di tesi triennale insieme al MOJOCA-Movimento de Jovenes de la Calle (Movimento di Giovani di Strada), tuttora attivo, fondato da un uomo meraviglioso di nome Gérard Lutte e basato sulla filosofia dell’amicizia liberatrice che ha in Freire uno dei suoi riferimenti principali.

Così, nel 2009, ho trascorso tre intensi mesi a Florianópolis, svolgendo il tirocinio e la mia ricerca di tesi magistrale presso il CEDEP-Centro de Evangelização e Educação Popular (Centro di Evangelizzazione e Educazione Popolare). Il CEDEP ancora oggi propone attività educative e ricreative a bambini e adolescenti del quartiere Monte Cristo, sorto negli anni ’80, dall’occupazione da parte di famiglie migranti provenienti dalle campagne e costrette all’esodo rurale. In quel periodo ero ospite di don Vilson Groh, un sacerdote che ha abbracciato i principi della Teologia della Liberazione, divenendo una figura chiave del lavoro sociale nella città. La sua casa è situata nella comunità più nera di Florianópolis: Mont Serrat. Pertanto le mie giornate si dividevano tra questi due quartieri: Monte Cristo e Mont Serrat.

Ci tengo a precisare, perché sia di incoraggiamento per altre persone che leggeranno queste pagine, che né nel caso del Guatemala né nel caso del Brasile avevo potuto contare su accordi già stipulati con l’università in cui studiavo. Si è trattato, invece, di percorsi sorti da opportunità che si sono via via mostrate e, soprattutto, da un forte desiderio che mi motivava a conoscere mondi distanti, come la realtà della strada in Guatemala o della periferia nel sud del Brasile, con un approccio non superficiale, fondato sulla condivisione.

Come si è sviluppato il suo lavoro di ricerca in Brasile, può parlarcene più approfonditamente?

Durante i tre mesi trascorsi a Florianópolis nel 2009 avevo conosciuto, proprio a casa di don Vilson Groh, il coordinatore del MST-Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra) nello stato di Santa Catarina, Vilson Santin. Grazie alla sua fiducia, avevo potuto trascorrere una decina di giorni nell’accampamento Irmá Jandira. Mi ero dunque appassionata ai movimenti contadini ed ero rientrata in Italia con il sogno di proseguire la mia attività di ricerca insieme a loro. Dopo aver superato il concorso di ammissione al dottorato e aver vinto una borsa presso l’Università di Verona, dunque, sono tornata in Brasile nel 2012. I legami che sono andata costruendo mi hanno permesso di avvicinarmi a un altro movimento, il MMC-Movimento de Mulheres Camponesas (Movimento di Donne Contadine), con cui ho realizzato effettivamente la mia ricerca di dottorato, conclusa con la discussione presso l’Universidade Federal de Santa Catarina nel 2015.

Gli anni della ricerca con il MMC sono stati incredibili. Soprattutto il periodo tra giugno del 2013 e marzo del 2016. In questi mesi, sono stata ospitata da ventitré militanti del Movimento, spostandomi di casa in casa ogni settimana e attraversando cinque municipi dell’Ovest dello stato di Santa Catarina: Anchieta, Palma Sola, São José do Cedro, Dionísio Cerqueira e Guarujá do Sul. Questa intensa esperienza di convivenza mi ha permesso di elaborare una conoscenza dal di dentro e dal basso delle pratiche educative del Movimento e di osservare le trasformazioni provocate dalla partecipazione nella vita delle donne e delle comunità. Uno degli aspetti su cui abbiamo riflettuto riguarda le implicazioni politico-metodologiche di un percorso investigativo condotto insieme a una organizzazione impegnata nel cambiamento della società. In un percorso di questo genere, è necessario tenere in considerazione gli interessi e le necessità dei soggetti coinvolti sin dalla definizione dell’oggetto di ricerca e ampliare la comprensione della restituzione, che non è più finalizzata solo alla condivisione del testo finale ma si articola in una serie di pratiche orientate, tra altri aspetti, a creare occasioni di comunicazione e scambio tra due mondi, come l’università e i movimenti sociali, che sono stati storicamente considerati contrapposti o per lo meno distanti. Da questa ricerca è nato il mio primo libro: Educazione e movimenti sociali. Un’etnografia collaborativa con il Movimento delle Donne Contadine a Santa Catarina (Brasile), pubblicato dalla Mimesis nel 2019.   

Ora però si trova nella parte opposta del Brasile, nello stato del Pará. Come mai questo cambiamento?

Quando ho lasciato il Brasile nel 2015 pensavo che non vi sarei più tornata a vivere. Sono rientrata in Italia ed è qui che ho orientato tutte le mie energie, costruendo nuovi legami e proseguendo il mio percorso professionale. Nel 2019, tuttavia, ho ricevuto una proposta inaspettata che mi ha permesso, anni dopo, di realizzare un post-dottorato nell’Universidade do Estato do Pará. Quando sono arrivata a Belém, nel settembre del 2022, ho subito sperimentato una relazione peculiare con questa città e con la regione Nord, che le distingue dal resto del Brasile in cui avevo già vissuto o viaggiato: una relazione intima, familiare, viscerale. Come se per tutta la vita fossi stata preparata per arrivare qui. Belém è una capitale di un milione e mezzo di abitanti, ma le dinamiche che la caratterizzano non sono molto diverse da quelle di un paese dell’entroterra: è frequente che sconosciuti si salutino per strada e tutti sono sempre aggiornati sulla vita altrui. Mi ricorda molto la Calabria, e soprattutto il paesino di mia madre, in cui ho trascorso i momenti migliori della mia infanzia. Lì, da piccola, se qualcuno non mi riconosceva, mi poneva puntualmente la domanda: “a chi appartieni?”. Anche Belém è un luogo di appartenenza, che o si ama o si odia. E io ho imparato ad amarla velocemente, anche in virtù dell’atmosfera magico-spirituale che la attraversa e che è fondamentalmente legata alla foresta Amazzonica. Così ho deciso di partecipare a un concorso presso l’UFPA-Universidade Federal do Pará, che ho superato a novembre del 2023 classificandomi al primo posto; e dal 20 marzo 2024, sono professoressa di didattica e pedagogia.

Cosa può dirci della sua esperienza dopo questi primi  quattro mesi di attività presso la UFPA?

Essere docente dell’UFPA è molto gratificante per varie ragioni, ma soprattutto per le caratteristiche della sua comunità studentesca. In particolar modo, nel corso di Pedagogia in cui insegno, infatti, le studentesse e gli studenti sono per la grande maggioranza originari di comunità afrodiscendenti, indigene, periferiche, rurali o situate nei pressi di fiumi. Frequentare un’università pubblica, grazie anche alle politiche di azioni affermative create dai governi del PT – Partido dos Trabalhadores (Partito dei Lavoratori), per loro che fanno parte di gruppi sociali storicamente emarginati e silenziati ha un significato profondo, a livello personale e familiare ma anche in rapporto a tutta la società brasiliana. In questa direzione, il primo progetto di ricerca che ho presentato, che è stato approvato dalla mia istituzione e che coinvolgerà tre studenti della triennale in quanto borsisti, sarà indirizzato proprio a rafforzare la formazione degli educatori a partire dalle prospettive epistemiche, culturali e educative elaborate da comunità e movimenti afrodiscendenti.

Quando ho iniziato le lezioni, il 25 marzo, il personale tecnico-amministrativo dell’UFPA stava scioperando già da alcune settimane. Pochi giorni dopo, un’assemblea alla quale anche io ho preso parte, ha votato all’unanimità l’ingresso nello sciopero anche da parte dei docenti. Ho deciso di unirmi alle mobilitazioni, poiché mi sembrava necessario manifestare concretamente la mia solidarietà a chi mi ha preceduto e ha iniziato questa lotta che mette al centro la critica alle politiche di austerità e l’esigenza di dare priorità all’educazione pubblica, di qualità, per tutti, a partire da finanziamenti adeguati. D’altro canto, non poteva essere altrimenti: la partecipazione politica è un elemento distintivo del mio rapporto con il Brasile e in particolare con Belém che, tra settembre e ottobre del 2022, in occasione della campagna per le elezioni presidenziali, mi ha fatto rivivere la gioia delle mobilitazioni di strada dopo gli anni claustrofobici della pandemia. A oggi, 17 giugno, lo sciopero dei docenti va avanti da sessantadue giorni e coinvolge sessantatré università federali brasiliane.

19.06.2024 – Paolo Carlucci

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